Perché niente è come sembra

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Di recente ho ascoltato un bell’intervento di Gianrico Carofiglio all’inaugurazione dell’Anno Accademico della  Fondazione Campus di Lucca. A un certo punto, quasi a dire “guardate che quello che di cui vi parlo è reale”, lo scrittore racconta una storia vera, la sua storia. Allora magistrato in carriera (lui la definisce “l’altra vita”) ma con velleità mai sopite di scrittore, Carofiglio viene, forse ingiustamente, scartato per un posto di grande prestigio e responsabilità. E’ amareggiato e profondamente deluso e arrabbiato, ma questo episodio negativo fa sì che trovi energie e tempo, e forse anche la motivazione, per concludere il suo primo libro e iniziare quella carriera che l’ha portato a realizzare il suo sogno di sempre diventando uno scrittore di successo.

Questo racconto mi ha ricordato quella vecchia storia, quasi una filastrocca …. In breve dice più o meno così: un vecchio uomo molto povero possiede solo un bel cavallo. Un giorno il cavallo scappa via e tutti dicono “che sfortuna” e il vecchio “chi lo sa se è una sfortuna o una fortuna”. Dopo una settimana il cavallo ritorna accompagnato da un altro stallone selvatico, e tutti dicono “che fortuna” e il vecchio “chi lo sa se è una fortuna o una sfortuna”. Il giorno successivo il figlio del vecchio, cercando di domare il nuovo arrivato, cade e si frattura una gamba, e tutti dicono “che sfortuna” e il vecchio “chi lo sa se è una sfortuna o una fortuna”. Pochi giorni dopo arriva l’esercito per arruolare giovani per la battaglia e il figlio del vecchio è scartato a causa dell’infortunio e tutti dicono “che fortuna” e il vecchio “chi lo sa se è una fortuna o una sfortuna”. Questa storia non finisce mai, perché noi non possiamo mai sapere davvero quello che è bene o male, anche perché, semplicemente, non conosciamo il futuro, così come non si può conoscere il contenuto di un libro semplicemente leggendone una frase.

Ma a questa saggia storia Carofiglio aggiunge qualcosa di più potente, ovvero il fatto che le sue parole sono frutto di una realtà di vita vissuta e questo dà al messaggio una forza nuova, regalandoci l’idea chiara che quella filastrocca non è un abile strumento consolatorio, ma una realtà.

Quindi se pensiamo a tutto il chiacchiericcio interno che quotidianamente ci dice questo va bene e questo no, e se anche pensiamo a tutte le fatiche e tutte le frustrazioni e tutte le rabbie che ciò si porta dietro, allora forse quello che possiamo fare è provare ad abbassare consapevolmente un po’ il volume di tutto questo.  Insomma non si tratta certo di farlo cessare, tra l’altro si tratterebbe di un’ipotesi praticamente irrealizzabile, ma di provare a dargli sempre meno ascolto.

E ci sono almeno tre buoni motivi per provarci:

1 – ascoltare questo continuo chiacchiericcio interiore non ci serve a niente, se non ad arrabbiarci e irritarci, e anche questo non ci serve a niente. Si tratta di un atteggiamento inutile e disfunzionale al nostro benessere.

2 – anche i nostri rapporti con gli altri saranno più distesi e fluidi se non avremo tutte le energie impegnate a seguire continuamente tutti i nostri piccoli questo mi piace e questo non mi piace, questo va bene e questo non va bene.

3 – ma soprattutto il motivo per cui non ha senso dare un grande ascolto a questo chiacchiericcio interiore è che le evidenze dicono che non c’è motivo di credergli, perché è davvero impossibile sapere prima se ciò che ci accade è davvero una fortuna o una sfortuna.

Difficile da realizzare?

Vero, anzi molto vero, ma forse vale la pena di provarci.

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